Mese: Dicembre 2021

Anime oscure: i segreti dei miei libri su Dark Souls (che torneranno nel 2022)

Queste anime oscure e Le nuove anime oscure torneranno nel 2022.

L’ho detto, così ci siamo tolti subito il pensiero.

Se già sapete di che si tratta… scendete di qualche riga per scoprire quali saranno le novità.

Se invece non sapete cosa siano questi due libri…

Le copertine di queste anime oscure e le nuove anime oscure
Le copertine di Queste anime oscure (a destra) e Le nuove anime oscure (a sinistra)

Sono due raccolte di saggi sui “Souls”.

Uso questo termine per comodità, per indicare non solo i tre Dark Souls, ma anche Demon’s Souls e Bloodborne.

Queste anime oscure. Da Demon’s Souls a Bloodborne: incursioni, escursioni, suggestioni vide la luce nel 2015.

Due anni più tardi, nel 2017, fu affiancato da Le nuove anime oscure. Da Demon’s Souls a Dark Souls III.

I due libri sono entrambi strutturati nello stesso modo: una serie di capitoli, ciascuno dedicato a un personaggio, una ambientazione, una meccanica o altro ancora di questi videogiochi. In ottica soprattutto comparatistica.

Quindi sono due saggi sulla lore dei “Souls“?

No. Non proprio. Semmai si parte dalla lore per andare oltre. Per andare a vedere quel che c’è dietro, diciamo così. A quali grandi temi possiamo collegare certi personaggi. Cosa hanno da insegnarci.

Vi lascio qui sotto l’indice dei capitoli, così è tutto più chiaro.

Indice queste anime oscure e nuove anime oscure

Due libri molto particolari, insomma.

Alcuni di voi avranno anche avuto l’occasione di leggere uno di questi capitoli: quello su Manzoni e Bloodborne.

Infatti è apparso, in una versione “riveduta & corretta”, nel mio recente saggio Scopri i videogiochi con i Promessi sposi (e viceversa).

E tale operazione mi ha convinto di una cosa: è giunto il momento di portare una versione “riveduta & corretta” di questi due libri nella loro interezza.

Negli ultimi anni, del resto, diverse persone mi hanno fatto richieste similari. O legate a un terzo saggio sullo stile degli altri due, o a una riedizione dei precedenti.

Ho optato per una sorta di via di mezzo, come vedremo tra poco.

Ma prima desidero raccontarvi una storia e riflettere su un paio di cose.

Dottorati, allenamenti e anime oscure

Torniamo al momento in cui mi sono laureato. In quel momento sono uno studente che ha finito molto in fretta la magistrale in lettere. Mi sono laureato al primo appello disponibile e arrivavo già col massimo dei voti alla discussione.

La strada che si apre davanti a me è questa: ottenere l’abilitazione e trovarmi una scuola (possibilmente un liceo) in cui andare a insegnare qualche materia umanistica.

Non è male, come prospettiva. Del resto era quel che avevo desiderato fare negli ultimi anni.

Tuttavia, man mano che la laurea si avvicina, si fa sempre più forte in me un altro desiderio.

Voglio fare il dottorato di ricerca per restare in università. E voglio farlo per potermi occupare di videogiochi.

Perché non provarci? So che la selezione è dura, tutti mi hanno sconsigliato un simile percorso. Io però vado avanti lo stesso.

Arriva il momento della prova. Sono eccitatissimo. Sostengo scritto e orale, poi resto in attesa della graduatoria. Faccio ogni cinque minuti un refresh della pagina.

Poi, alla fine, ecco il risultato.

Non ci credo.

Sono primo.

Primo dei NON ammessi.

Per un paio di giorni rimango imbambolato. Non so cosa fare. Mi sento solo triste. Ero arrivato a un passo dal risultato. Sarebbe bastato un punticino in più. E invece…

Poi scatta qualcosa nella mia testa. Forse per la prima volta nella mia vita. O, perlomeno, per la prima volta in un modo così intenso.

All’improvviso, in mezzo secondo, i miei pensieri passano da “sono un fallimento” a “non è finita qui, dimostrerò a tutti quel che so fare”.

Si tratta di una sensazione che in seguito mi avrebbe fatto compagnia molte altre volte. Ed è importante ricordarla perché si lega allo spirito con cui scrissi Queste anime oscure.

D’un tratto mi sento come il protagonista di un battle shonen, quando le ha prese dal nemico di turno e capisce di doversi allenare, se vorrà sconfiggerlo in futuro.

O, ancora meglio, mi sento come in un videogioco. Il boss mi ha saccagnato, ma in futuro potrò affrontarlo di nuovo. Quel che devo fare, però, è livellare a dovere e studiarmi un buon piano.

Ho un anno intero davanti a me. Un anno che sarà pieno di studio, di lavoretti, di ansie e molto altro ancora.

Un anno in cui avrei gettato – senza rendermene bene conto – le basi del metodo che mi avrebbe sempre più aiutato negli anni successivi. E che ho focalizzato al meglio solo a posteriori.

Ma non ne parleremo in questo momento.

Giusto per chiudere la storia, l’anno dopo sarei arrivato primo, al concorso per il dottorato di ricerca.

Primo in senso assoluto, in quel caso.

Torniamo però a questo anno, trascorso alternando momenti di “ce la farò!” a momenti di crisi esistenziale.

Decido che voglio scrivere un saggio. Qualcosa che mi dia soddisfazione, ma soprattutto qualcosa che mi dia una ‘scusa’ ulteriore per restare focalizzato sullo studio, la scrittura ecc.

Mi metto pertanto a scrivere i capitoli di Queste anime oscure.

Sento di essere un po’ come i personaggi dei Souls, il che non del tutto positivo, diciamo, però al tempo stesso mi conforta.

Ho la sensazione di essere nel mezzo di un viaggio, in cerca di qualcosa di grande. Ancora però non so se troverò davvero il mio “sole” o se fallirò miseramente, finendo con una larva in testa.

Nonostante le paure, ci sono due cose che mi spronano tantissimo.

La prima è il desiderio di lavorare con ciò che amo.

La seconda cosa non la dirò. Posso solo dire che, fino a pochi mesi fa, è stato un qualcosa che ha sempre saputo spronarmi moltissimo a lavorare sodo, anche nei momenti più bui.

Un libro da fiera

Uno degli aspetti caratteristici di Queste anime oscure e Le nuove anime oscure ha riguardato la loro difficile reperibilità.

E, tutto sommato, la cosa ha prodotto dei risvolti interessanti.

Ma spieghiamo meglio il tutto.

I due libri sono stati pubblicati con TraRari TIPI. La casa editrice legata al progetto Game Art Gallery di Debora Ferrari e Luca Traini. Due persone che non ringrazierò mai abbastanza, perché hanno creduto in me, perché mi hanno coinvolto in tante iniziative molto stimolanti e – soprattutto – perché hanno sempre dimostrato grande gentilezza e umanità.

I loro libri sono molto belli. Hanno copertine che attirano subito l’attenzione. Ho visto molte volte le persone che osservavano incuriosite la copertina di Queste anime oscure, chiedendosi chi fosse quel personaggio.

Lavorare con la casa editrice di un progetto che coinvolge diversi artisti, insomma, ha i suoi vantaggi.

TraRari TIPI, però, è anche un piccolo editore che si dedica a progetti piuttosto specifici.

E, in termini di distribuzione, Queste anime oscure e Le nuove anime oscure sono poco reperibili. Le copie sui grandi store online non si trovano sempre e vengono consegnate con tempistiche lunghe.

Tutto ciò è stato limitante, per diversi aspetti, ma ha anche avuto l’interessante risvolto di rendere ancor più questi saggi due “libri da fiera”.

Sono libri che, per argomento e copertina, attirano l’attenzione già di loro. E lo fanno ancor più nei casi in cui la persona riconosce quel “libro su Dark Souls” che aveva visto su internet, senza riuscire a ordinarne una copia.

Sì, è successo proprio così in molti casi.

Questo ha avuto perlomeno due grandi vantaggi.

Il primo è stato quello di conoscere tante ottime persone, perché la situazione ha avviato scambi molto più diretti, da cui sono anche nate amicizie durature in qualche caso.

Il secondo è stato quello di generare un certo alone di mistero intorno a questi libri.

Il contro? Pochissime vendite online, ovviamente. Ma non è che sia stato un grosso problema.

Ora dirò una cosa che potrebbe lasciare di sasso moltissime persone.

Dalle vendite di un libro l’autore non guadagna quasi nulla.

E anche l’editore ci guadagna pochissimo.

Se quanto ho appena detto vi ha scombussolato, vi consiglio di recuperare questa live del Duca di Baionette, in cui viene spiegato tutto quanto con molta chiarezza.

E a proposito di numeri…

Qualche numero sui libri

Queste anime oscure è composto da 99.737 parole.

Che sono 647.225 caratteri (spazi inclusi).

Le nuove anime oscure è composto da 78.688 parole.

Che sono 506.136 caratteri (spazi inclusi).

In termini di pagine la differenza non è così significativa, sono meno di 30 pagine di differenza tra l’uno e l’altro.

Queste anime oscure ha però molte più note a piè di pagina, il cui testo è in carattere inferiore rispetto al testo principale, per cui ecco spiegato il ‘trucchetto’.

A guardarli non sono due “tomi”, sono libri snelli.

Questo perché ho mantenuto dei blocchi di testo piuttosto compatti e non sono stati inseriti margini eccessivi.

Se avessi impostato questi due libri come alcuni che si trovano in giro – con margini enormi e spazi bianchi ogni 2-3 periodi – avrei facilmente duplicato le pagine.

Così non è stato. Preferisco un bel libro compatto a uno inutilmente grande. Soprattutto se si parla di saggi. Per i romanzi il discorso può essere diverso.

Ah, se i numeri vi divertono e volete spaventarvi un po’: la mia tesi di dottorato è composta da 295.079 parole.

Che corrispondono a 1.952.498 caratteri (spazi inclusi).

Per cui ci vogliono tre Queste anime oscure per eguagliare la lunghezza della mia tesi di dottorato.

Per fare un altro confronto: il mio articolo su Alcina Dimitrescu è composto da circa 42.000 caratteri.

E 42.000 caratteri sono circa 3 volte la lunghezza di un articolo lungo ‘standard’, di quelli che trovate in giro sui siti.

So però che non avete tutti il feticismo per caratteri e parole.

Di solito una domanda molto più frequente è “quanto tempo ci hai messo?

Bella domanda.

La risposta è “circa un anno per ciascuno dei due libri”, ma non vuole dire molto.

Penso abbiate già intuito che non ci ho lavorato un anno a tempo pieno. Anzi. In entrambi i casi ero già PIENISSIMO di attività.

Del resto è molto raro lavorare alla scrittura di un libro a tempo pieno e in maniera totalizzante. A meno che voi non siate scrittori di professione. E gli scrittori di professione sono pochissimi (anche per le ragioni che accennavamo sopra).

A me una volta è capitato, per la verità: scrissi e basta per un mese e mezzo, senza fare altro. Ma non era per questo progetto.

C’è poi un altro aspetto interessante: il tempo trascorso a leggere libri dovremmo inserirlo nel conteggio?

In fondo ho letto molti libri anche allo scopo di scrivere Queste anime oscure. Non solo, certo, li ho letti anche per prepararmi al dottorato ecc., ma comunque ci ho speso ore e ore.

E il tempo trascorso a (ri)giocare i “Souls“?

Quello conta nel “quanto ci hai messo”?

O si conteggia solo il tempo che ci ho messo a scriverlo? Quello in cui stavo proprio pigiando tasti al computer?

E si potrebbe andare avanti anche a lungo, con tutta un’altra serie di altre attività che potrebbero rientrare o meno nel conteggio.

Una cosa però è certa:

qualunque cosa stiate facendo, scrivere (bene) di videogiochi richiede un sacco di tempo. Un tempo che è difficile ripagare in termini monetari.

Questo è un grande cruccio per più o meno tutte le persone che scrivono di videogiochi sui siti.

Ogni tanto salta sempre fuori la discussione a riguardo, su qualche sito/gruppo/chat: si inizia a far la somma delle ore richieste a finire un videogioco, le si equipara alla paga dell’articolo…

Tutto questo, tra l’altro, conteggiando solo le ore spese a giocare. Pensate se dovessero entrare anche quelle per letture, ricerche ecc.

Per questo bisogna avere un metodo. Ed essere allenati a scrivere (e a scrivere BENE, ricordiamocelo) in tempi utili.

Questa lezione io l’ho imparata in passato sulla mia pelle. Non tanto con questi libri, però l’ho imparata per bene.

Oggi non dedicherei più un anno a Queste anime oscure. A prescindere da quanto tempo ci abbia effettivamente dedicato in quell’anno.

Oggi saprei scriverlo molto meglio e in molto meno tempo. Di sicuro grazie al bagaglio di letture accumulate (leggo circa 200 libri all’anno, quasi tutti saggi), ma anche grazie alla disciplina e al metodo.

Un giorno vi svelerò in quanto tempo ho scritto il mio articolo su Alcina Dimitrescu, quello che citavo sopra.

Le poche volte in cui l’ho detto le persone hanno strabuzzato gli occhi.

Non è un articolo accademico. Questo è chiaro. Se avessi dovuto impostarlo in quel modo mi avrebbe richiesto molto più tempo e un rigore decisamente più alto. Come articolo divulgativo, però, va benone.

Comunque sì, lo so, non siete qui per parlare di Alcina Dimitrescu.

Il che è un male, ma vi capisco…

Siete qui per sapere cosa salterà fuori in questa nuova riedizione di Queste anime oscure e de Le nuove anime oscure.

Cosa ci sarà di nuovo?

Nuovi capitoli, innanzi tutto.

Alcuni saranno sui “nuovi Souls” (Sekiro e Elden Ring). Altri saranno sui videogiochi già trattati in precedenza. Perché in fondo c’è ancora molto da dire.

E poi, diciamocelo, oggi la nostalgia viaggia veloce e ci sentiamo già incredibilmente nostalgici verso un videogioco uscito una decina di anni fa.

Al momento non dico altro, su queste nuove aggiunte, altrimenti dove sarebbe la sorpresa?

Oltre a questo ci sarà una generale rifinitura dei vecchi capitoli: aggiornamenti bibliografici, miglioramento nella scorrevolezza, passaggio ai sistema di citazione autore-data (per alleggerire le note a piè di pagina) e tanti altri piccoli cambiamenti.

Il passaggio al sistema autore-data merita una spiegazione. Come detto sopra, questi libri sono ricchi di note a piè di pagina, molte delle quali puramente composte da riferimenti bibliografici.

Cambiare il sistema di citazione consentirà – senza perdere nulla sul versante del rigore scientifico – di alleggerire il testo, di ridurre il numero dei caratteri.

Non sarà però una riduzione fine a sé stessa. I caratteri in meno saranno ‘sostituiti’ da quelli dei nuovi capitoli.

Certo, non è il caso più eclatante della storia (penso alla mastodontica nuova edizione di Mazinga Nostalgia di Pellitteri, tanto per far un esempio), ma se togliete questi casi eccezionali è comunque un qualcosa di rarissimo.

Ah, dimenticavo.

Ci sarà anche la versione ebook.

E non solo…

Ma per il momento fermiamoci qui, con le sorprese.

E se li ho già?

Se hai già Queste anime oscure e/o Le nuove anime oscure

Beh, intanto ti ringrazio per la fiducia.

Però magari in questo momento stai un po’ rosicando, perché li hai comprati di recente e ti dici “a saperlo prima avrei aspettato un po’ di più…”

Ma non ti preoccupare.

Ci sarà una offerta apposita per i casi come il tuo.

Anche qui, per il momento non posso dire di più, ma puoi dormire sonni tranquilli.

Per non perdere l’offerta futura tieni d’occhio questo sito e – meglio ancora – il mio canale YouTube.

Quando il tempo sarà propizio per ravvivare la Fiamma, scoprirai cosa fare per cogliere l’occasione.

Articoli, testimonianze e dintorni

Queste Anime Oscure è uno studio di grande spessore, una lettura che ci porta a scoprire in profondità alcuni dei titoli più amati nel panorama videoludico, trovando curiosi legami con il nostro mondo che probabilmente molti non immaginano neanche” (Dall’articolo Da Dark Souls ai Promessi Sposi – Analisi di “Queste Anime Oscure” di Mattia Alfani su Staynerd).

“Altri approfondimenti che ho tenuto in forte considerazione sono quelli di Francesco Toniolo sui Souls, “Queste anime oscure” e “Le nuove anime oscure”. Come spesso afferma Wesa, il creator che da anni seguo di più, “chi sa solo di videogiochi non sa nulla di videogiochi”. Non si può parlare di videogiochi, di narrativa, di contenuto mediato da questo medium se non si hanno altri orizzonti e riferimenti culturali. Chi per tutta la vita ha giocato e basta ma ha letto e studiato poco, è quasi certamente qualcuno che non ha idea di quale metro usare per parlare di videogiochi. Francesco Toniolo è docente di semiotica, conosce i linguaggi multimediali e nei suoi libri si vede chiaramente come un videogioco può essere letto con una preparazione più estesa alle spalle.” (da Scrivere un saggio su Final Fantasy X ft. Federico Maestri, su Pilloledifolklore).

Vedi anche:

Outcast Reportage: Milan Games Week 2017 su Outcast.

Demon’s Souls Lore (Parte 10), ospite speciale: Francesco Toniolo sul canale YouTube Black Raziel.

Dark Souls da leggere: quando l’anima dei souls intreccia il mondo letterario e narrativo su SpaceNerd.

Dark Souls e il realismo figurale dantesco su L’anima del mostro.

Sirene, canneti e ginestre: un pizzico di Leopardi in una canzone di Fable II

Coloro che hanno giocato a Fable II probabilmente ricorderanno la canzone Down by the Reeds. In italiano Dietro alle canne. È il motivetto che canticchia Hannah/Hammer la prima volta che la incontrate. Inizia così: «Down by the reeds / Down by the reeds / Swim the sirens of Oakvale / Out to the seas».

È un pezzo sufficiente per impostare l’indagine del presente articolo, legata al fatto che Down by the Reeds è duplicemente legata alla poetica e al pensiero filosofico di Giacomo Leopardi.

Sirene, canneti e ginestre in Fable 2

Due premesse, prima di tutto, su queste sirens che vengono citate. In italiano si perde un po’ la distinzione fra mermaid e siren, visto che il termine “sirena” va bene per entrambi, ma si parla di creature differenti. Le mermaids sono le sirene dei miti nordici, misteriose e sfuggenti, ma in generale piuttosto pacifiche.

Le sirens sono le sirene mediterranee, del mondo greco, come quelle che cercarono di irretire Ulisse. Creature ammaliatrici e antropofaghe, molto pericolose. E infatti, se cercate una traduzione inglese dell’Odissea troverete le sirens, mentre la nota fiaba di Andersen è intitolata The Little Mermaid.

La scelta terminologica in Fable II suggerisce pertanto l’idea di trovarsi davanti a creature molto pericolose. Suggerisce, appunto, e questa è la seconda premessa, perché in Fable II non c’è nessuna sirena. Queste creature vengono nominate nella canzone di Hammer e in poche altre occasioni, ma non rientrano nel bestiario di mostruosità affrontabili durante l’avventura. Le sirens sono un contenuto tagliato. Una di quelle tante idee abbozzate – e infatti se ne trova traccia fra i concept art dell’artbook – che vengono poi messe da parte, strada facendo, per varie ragioni.

Eppure è incredibile constatare quanto simili contenuti siano importanti, nel prodotto finale, anche quando ne sono assenti. Sono come le sinopie della pittura a fresco. Lasciano una traccia sottopelle che è di estremo interesse, perché in molti casi non scompaiono semplicemente nel nulla, ma influenzano i contenuti rimanenti. Se – giusto per fare un esempio – il Forte Ferreo di Dark Souls II somiglia più a una fornace che a una fortezza è proprio perché, inizialmente, era concepito come tale.

Tornando alla canzone di Sorella Hammer, essa si conclude così: «Nobody knows. / Nobody sees. / The sirens of Oakvale. / Down by the reeds». E uscendo dalla finzione videoludica la canzone è estremamente precisa. Nessun giocatore può dire di aver visto le sirene di Oakvale, considerando che nel gioco non sono presenti.

Però può immaginarle. Anche qui, è importante sottolineare dove la canzone stia collocando queste sirene: dietro alle canne, per citare la versione italiana. Quindi ci sono delle sirene, che però nessuno ha visto, occultate da delle canne, ma al tempo stesso queste canne sono l’unica cosa che consente di tener traccia delle misteriose sirene. Se Hammer non nominasse le canne che impediscono di vederle, nessuno saprebbe che quelle sirene esistono, nel mondo di Fable.

In questo canneto c’è tutta la duplicità semantica dello “schermo”, intendibile sia come un qualcosa che occulta e nasconde (la dantesca donna dello schermo, schermarsi, ecc.) ma al tempo stesso mostra e rivela (lo schermo del televisore). Non vediamo le sirene a causa del canneto, ma grazie al canneto immaginiamo le sirene.

Giunti a questo punto, le reminiscenze scolastiche potrebbero aver già suggerito il primo legame con Leopardi, ma lo si può rendere esplicito citando un breve passo di Filosofia-schermi (Cortina, 2016) di Mauro Carbone, da un capitolo emblematicamente intitolato Delimitare per eccedere: «Questa siepe impedisce al “guardo” del poeta di vedere gran parte del paesaggio che si apre oltre il colle. Tuttavia, quando si siede e contempla (“mirando”) la siepe, egli è in grado di immaginare “interminati / Spazi di là da quella e sovrumani / Silenzi e profondissima quiete”» (pp. 107-108). Carbone sta parlando della ben nota siepe presente ne L’infinito di Giacomo Leopardi, e lo fa in termini di schermo, legato tanto alla visione (ostacolata) quanto all’immaginazione (sollecitata).

La siepe è uno schermo che mostra e rivela, così come il canneto della canzone di Hammer. Oltre la siepe ci sono i “silenzi”, e questa parola «nell’opera leopardiana è inequivocabilmente legata alla sfera della morte» (T. Tarani, Il velo e la morte. Saggio su Leopardi, Editrice Fiorentina, 2011 p. 241). Così come sono inequivocabilmente legate alla morte le sirens. Ora, verrebbe da aggiungere che le sirens, perlomeno quelle omeriche, siano anche ben note per il loro canto, il che contrasterebbe con questi silenzi dell’Infinito. Eppure qui c’è tutto il silenzio che si esprime nell’assenza di questo canto, poiché – come si è detto più volte – le sirens non si trovano da nessuna parte, in Fable II.

Se «per poco / il cor non si spaura» a Leopardi, nell’immensità dell’infinito, potrebbe essere per questo rinvio alla morte. O al nulla, a seconda di quali interpretazioni si vogliano seguire. L’infinito è al tempo stesso tutto e nulla. È l’infinitezza delle possibilità, ma proprio perché possibili e non concretizzate esse non esistono. Ma questo tutto-nulla ha un legame con l’esistente, il sensibile e il vicino. È ancora una volta L’Infinito a costruirlo, tramite i dimostrativi “questo” e “quello”: «E come il vento / odo stormir tra queste piante, io quello / infinito silenzio a questa voce / vo comparando» (vv. 8-11. I corsivi sono miei).

La voce del vento fra le piante (vicine, percepibili) si lega all’infinito silenzio (lontano, immaginabile). Il vento porta i pensieri verso il silenzio infinito. Così, allo stesso modo, la canzone di Hammer (vicina, percepibile) si lega al misterioso canto di queste sirens (lontane, immaginabili).

Si è giunti fin qui mettendo da parte un altro termine della canzone, che apre la strada al secondo parallelismo con Giacomo Leopardi: Oakvale.

Nel primo Fable, Oakvale è un paesello di Albion. Il paesello in cui inizia l’avventura dell’eroe, per essere più precisi. È un luogo importante, a suo modo. Lo è perlomeno in termini nostalgici, per chi ha giocato al primo Fable e lo ricorda con affetto.

In Fable II, in compenso, non c’è più nessuna Oakvale. La cittadina è stata distrutta e ora, al suo posto, ci sono solo paludi. La regione nota come Wraithmarsh è ciò che rimane di Oakvale e dintorni: un immenso e pericolosissimo acquitrino infestato da mostruosità di ogni genere. Fra cui qualche sirena, molto probabilmente, se solo fosse stata inserita nel gioco per far compagnia a balverini, banshee e troll.

Lo scarto fra i due periodi temporali è considerevole, specialmente all’occhio del giocatore, che ha potuto osservare nei due differenti videogiochi cosa è successo a distanza di secoli in uno stesso luogo, della cui antica bellezza non rimane traccia alcuna.

Anche in questo caso, è possibile che qualche ricordo scolastico si sia già attivato, e la mente sia corsa ai versi de La ginestra, quando Leopardi descrive le pendici del Vesuvio. Un paesaggio brullo, desolato, sterile, a malapena rallegrato dalle ginestre. Eppure, come ricorda in poeta, nel passato quei luoghi traboccavano di vita. Città (Ercolano, Pompei, Stabia), campi, giardini, tutto annientato in un istante dalla furia del vulcano: «di ceneri e di pomici e di sassi / notte e ruina, infusa / di bollenti ruscelli» (vv. 215-217).

Nel componimento, Leopardi invita idealmente il suo secolo a osservare la devastazione causata dal Vesuvio: «Qui mira e qui ti specchia, / secol superbo e sciocco» (vv. 52-53). Questo è un punto interessante, nel confronto con Fable II. Leopardi critica il pensiero ottocentesco, colpevole di aver abbandonato la ragione per rituffare gli esseri umani nelle illusioni, quando bisognerebbe invece ricordare loro la verità, su quanto la loro esistenza sia fragile e precaria, e i loro progressi inutili.

Ma Fable II non è ottocentesco o romantico. Potrebbe forse esserlo, almeno in parte, Fable III (o forse no, sarebbe un discorso da sviluppare in separata sede), ma non il secondo episodio. Però è un videogioco fiducioso nel progresso, come lo sarà ancor più il terzo episodio.

Il progresso, in Fable, erode tanto il soprannaturale quanto l’epica, man mano che si sviluppa. Se il primo Fable contiene la parodia del fantasy eroico, Fable II ne costituisce per molti aspetti la negazione. Fino a proporre un boss finale che si sconfigge in un istante, senza fatica. La morte del personaggio, poi, ha ben pochi effetti collaterali, e il gioco scorre liscio senza particolari difficoltà.

Una passeggiata in un mondo in trasformazione, nel quale ancora permangono i rimasugli del ‘vecchiume’ soprannaturale che sta via via lasciando spazio al progresso. O, almeno, questo è ciò che credono i “superbi e sciocchi”, coloro che si lasciano ottenebrare dalla fiducia nelle «magnifiche sorti e progressive» (v. 51) che citava ironicamente Leopardi.

È sufficiente un attimo di distrazione perché il soprannaturale, un po’ come la Natura matrigna, si riprenda tutto quanto e spazzi via qualsivoglia progresso. I resti di Oakvale ne sono la prova. E quel che Hammer sta allora cantando è un monito. Le potenze occulte e le forze della natura, spaventose e temibili, restano lì in agguato, dietro alle canne, anche quando il progresso tecnologico (o, più prosaicamente, un taglio nei contenuti previsti per il videogioco) le rimuove dalla nostra vista.

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