Questo articolo è dedicato a Ranni, la strega di Elden Ring, partendo da un articolo divulgativo uscito qualche giorno fa. Nella terza e ultima parte del contributo, però, ci si allontanerà parecchio da quel punto di partenza.

Le seguenti riflessioni nascono, all’origine, dalla lettura di un articolo pubblicato su «Vice»: How Is There Already So Much ‘Elden Ring’ Porn? We Asked the People Who Made It (Cole 2021).

Come intuibile dal titolo, l’articolo parla delle produzioni erotico-pornografiche legate ai personaggi di Elden Ring. All’interno di questa cerchia di personaggi, Ranni la strega sembrerebbe essere la favorita, sebbene non manchino altre erotizzazioni, magari legate a fandom e culture di gusto con una maggior specificità (Blaidd, per fare un esempio molto semplice e diretto, è un ottimo catalizzatore di interesse per il mondo furry).

Ranni di Elden Ring

I tre punti dell’articolo su cui vale la pena soffermarsi sono i seguenti:

  1. La questione temporale. Molti si sono lanciati nella produzione di contenuti erotici legati a Ranni in tempi rapidissimi per cavalcare l’onda del successo di Elden Ring. Non è un mistero, osservando le vendite, che questo videogioco sia riuscito a raggiungere nuovi pubblici, oltre a riattivare l’interesse degli storici fan dei “Souls”.
  2. I vuoti narrativi. Al pari della lore di Elden Ring (e dei precedenti videogiochi di FromSoftware), anche l’erotismo dei personaggi è un mondo che deve essere ermeneuticamente costruito dall’utente, partendo da frammenti sparsi. Questo lascia molta libertà creativa e consente una grande trasformatività.
  3. Il parallelismo con il caso di Lady Dimitrescu. La ‘vampirona’ di Resident Evil Village aveva visto una vastissima proliferazione di contenuti erotici e pornografici appena era apparsa in trailer. La sua, tuttavia, è una figura con una forte carica erotica, da dominatrice, per cui questo era un esito a suo modo naturale e prevedibile. Meno scontati erano – su questo torneremo più avanti – altri recuperi trasformativi del personaggio. Ranni, Melina e compagne, invece, non sono state presentate in questo modo.

L’articolo di «Vice» non va molto in profondità, ma questi spunti sono di particolare interesse ed è utile partire da qui per sviluppare una riflessione sul ‘riuso’ erotico (e non solo) della strega Ranni.

L’obiettivo è quello di avanzare alcune ipotesi sul perché una simile figura abbia attirato così tanto interesse. Il ricorso alla cosiddetta rule 34 (secondo cui se qualcosa esiste allora esiste anche un contenuto pornografico su di essa) non è una spiegazione sufficiente. Se è vero che potenzialmente tutti i personaggi finzionali sono ridisegnati e riproposti in contesti erotici (di stampo ‘classico’ o legati a particolari feticismi), lo specifico interessamento verso determinate figure apre a molti stimolanti interrogativi.

Il porno ‘a scadenza’

Il primo punto del discorso non riguarda Ranni nello specifico. È piuttosto una constatazione sullo stato attuale del panorama mediale. È un panorama martoriato da un devastante capitalismo cronofagico (Mazzocco 2019), in cui risulta molto difficile potersi soffermare a lungo su un determinato prodotto o una determinata esperienza mediale. Travolti dal perenne vortice dei consumi, bisogna sempre spostarsi sul trend successivo. Il fatto curioso che ho notato, nel tempo, è che questa espressione del modello capitalistico – forse una delle più subdole – sia anche tra le più sottovalutate e persino giustificate da parte di persone che, in tutti gli altri contesti, ostentano con orgoglio strenue pratiche di resistenza al capitalismo. Forse perché la FOMO (Fear Of Missing Out), seppur inquietante e inquieta, ha anche un carattere consolatorio, per cui si fa fatica ad abbandonarla, o anche solo a desiderare di opporsi a essa.

Questo perché la FOMO – o meglio, i meccanismi che la alimentano – ha un legame con la gratificazione istantanea. Guardare i social, ricondividere quello di cui tutti parlano, lasciarsi trasportare dall’algoritmo di Netflix in un turbinio di serie tv che tante altre persone stanno guardando…

Sono tutte attività con una gratificazione immediata. Si parla del qui-e-ora. Sempre e comunque. E appena è trascorso, diviene un qualcosa di vecchio, da cui siamo autorizzati a staccare l’attenzione per poterci concentrare sulla nuova serie tv, sul nuovo film, sul nuovo videogioco di cui tutti parlano.

Di studi accademici sulla FOMO ne esistono moltissimi. Mi limito qui a riportare una recente systematic review sull’argomento (Tandon, Dhir, Almugren, AlNemer e Mäntymäki 2021), in cui è possibile trovare una sintesi ragionata di quanto la letteratura accademica ha fatto emergere.

Sottolineo anche che, sebbene la FOMO sia primariamente legata – e non in termini positivi – all’impiego costante dei social media (Rozgonjuk, Sindermann, Elhai e Montag 2020), il suo impatto ha chiaramente un riflesso anche sui consumi. Se si parla ovunque della serie tv/film/videogioco/ecc. del momento, sui social, io rimango tagliato fuori, a meno che non decida di fruire nei (sempre più ristretti) tempi indicati di quel prodotto, così da poterne parlare.

Inutile sottolineare come questo ricambio costante sia, da un lato, il perfetto strumento di asservimento ai ben oliati ingranaggi del consumismo capitalistico e, dall’altro, risulti un temibile avversario della libertà di pensiero critico. Le persone preoccupate da questo fenomeno dovrebbero accogliere con gioia le occasioni in cui un prodotto riesce a provare una maggiore resistenza discorsiva rispetto a quella brevissima finestra di interesse a cui è destinato. Eppure, con una acredine che trovo paradossale, in quei casi emergono le lamentele. È successo anche con lo stesso Elden Ring, ritenuto da molti ‘colpevole’ per aver mantenuto ferma su di sé per troppo tempo l’attenzione degli appassionati, catalizzandone la produttività discorsiva.

E anche i contenuti erotici fanmade non sono esenti da simili dinamiche, stando a quel che emerge dal sopra citato articolo (Cole 2021), per i creatori di questi contenuti è stata una corsa contro il tempo: che senso avrebbe avuto, altrimenti, condividere le loro animazioni porno su Ranni, se Elden Ring fosse uscito dalla discorsività attuale?

Alcune considerazioni. La prima è che, prescindendo dal singolo caso, il legame del porno con la FOMO, i social media ecc. è più diretto di quel che si potrebbe pensare. Anche il porno è una forma di gratificazione istantanea, basata sulla disponibilità immediata, sull’essere a-portata-di-mano. Anche il porno può generare facilmente aspettative falsate su di sé e sul proprio corpo, derivanti da un impietoso confronto, molto simile a quello dell’esposizione costante a migliaia di immagini di modelli/e su Instagram e altri social, spesso filtrate, modificate o perlomeno accuratamente selezionate (mi limito a segnalare una fonte recente tra le moltissime presenti in merito: Barton 2021).

Una nota a margine: è chiaro che ci sia anche la pornografia amatoriale, oltre a quella fuori dall’ordinario e mitizzata dei pornoattori, ma non rappresenta una particolare alternativa, in quest’ottica dei modelli, né tantomeno della sua disponibilità immediata. Soprattutto considerando i sempre più porosi e difficilmente identificabili confini tra i “pro” e gli “amatori” del settore (Hofer 2014).

La seconda considerazione è che, spesso, nei discorsi sul capitalismo cronofagico, la pornografia (anche quella fanmade sulle waifu finzionali) è il convitato di pietra della situazione. Sempre ben presente, ma che nessuno osa nominare.

La terza considerazione, infine, è che non condivido il fatalismo dell’articolo sulla fine dell’interesse per i contenuti erotici a tema Elden Ring. Come prova del suo discorso, l’autrice (Cole 2021) cita il caso di Alcina Dimitrescu, ma in realtà la ‘vampirona’ di Resident Evil Village è proprio un esempio contrario alla sua tesi. A distanza di tempo, infatti, lady Dimitrescu rimane un personaggio piuttosto vitale, in termini di produttività fanmade, a sfondo erotico e non (su questo si tornerà più avanti). Il suo caso, insomma, è il perfetto esempio di come esista una “coda lunga” (sullo stile del noto modello di Chris Anderson: 2004) anche per i contenuti erotici fanmade.

Non mancano inoltre casi di (ri)attivazione tardiva di interesse, come si è visto lo scorso anno con l’esempio della cosiddetta Ankha Zone (l’animazione fanmade del rapporto sessuale tra Ankha e Abitante sulle note di Camel by Camel), realizzata mesi dopo l’uscita di Animal Crossing: New Horizons (2020) e divenuta virale ancor più tardi (Adam 2021).

Personaggi performativi

Riporto un significativo passaggio dell’articolo di «Vice»:
«Several of the artists I talked to brought up the popularity of Lady Dimitrescu erotica from Resident Evil Village in January as a comparison, much of which came out before the game was even released. But one could argue that Capcom knew exactly what it was doing when it created a giantess who physically and verbally dominates and steps on you; compare this to Elden Ring, where characters are more grotesque than horny, and fans are left to fill in the blanks with their own imaginations. Much like the gameplay, getting boned up for Elden Ring is a beautiful but open-ended mystery, made possible with collaboration» (Cole 2021).

È solo un passaggio, ma contiene sottotraccia due elementi molto importanti, che ho isolato precedentemente nei punti 2) e 3) citati in apertura: il confronto con il caso di Alcina Dimitrescu e l’importanza di questi vuoti narrativi da riempire.

Qualche mese fa ho iniziato a ragionare sul maggiore o minor grado di performatività di determinati personaggi videoludici nei recuperi fanmade. L’ho fatto partendo da due contributi sul mio sito (Toniolo 2021a e 2021b), dedicati a due personaggi che sono stati molto chiacchierati, nell’ultimo anno: la già citata Alcina Dimitrescu di Resident Evil Village e Aloy di Horizon Zero Dawn e Horizon Forbidden West. Tra parentesi, è anche mia intenzione dare poi uno sviluppo più sistematico e accademico a queste riflessioni, in un’altra sede. Qui mi limito a richiamare velocemente alcuni aspetti.

Ho usato la metafora del marmo e dell’argilla, per parlare del differente trattamento di personaggi come loro da parte della community. Aloy è come il marmo: materia nobile, da ammirare, da ‘statuizzare’, ma anche molto poco malleabile. La stragrande maggioranza dei contenuti su un personaggio con le sue caratteristiche sono celebrativi e non trasformativi: che si tratti di fanart, di storie o altro, è sempre la Aloy originaria, celebrata ed esaltata nelle sue qualità di eroina senza macchia e senza paura.

Personaggi come Alcina Dimitrescu (ma il discorso si applica perfettamente anche agli altri tre Lord di Resident Evil Village) sono invece estremamente malleabili, nelle loro rappresentazioni fanmade. Alcina può apparire come una sadica gigantessa cannibale (per cui nella sua versione originaria), ma anche come una madre affettuosa, come un’icona LGBTQI+, come una litigiosa ‘sorellona’ sempre in contrasto con Karl Heisenberg, come una cantante, come una diva del passato e molto altro ancora.

Osservare solo i – pur numerosissimi – contenuti erotici fanmade su Alcina è pertanto uno sguardo limitato e limitante. Essi rappresentano solo una parte del portato trasformativo di un personaggio come questo, che appare facilmente plasmabile in vario modo, al pari dell’argilla.

Se la differenza riguardasse solo la componente erotica, la distinzione sarebbe tanto immediata quanto ovvia, ma la questione è molto più complessa e stratificata. La carenza (non è comunque una completa assenza) di contenuti erotici su Aloy è solo in parte legata al suo essere un personaggio meno sessualizzato di altre icone videoludiche. Ridurre il tutto a questo fattore sarebbe una lettura piuttosto epidermica, persino ingenua, del fenomeno. Diversi siti traboccano di fanart che erotizzano personaggi anche molto meno sensuali di Aloy, se servisse in tal senso fare la prova del nove. E, al tempo stesso, Aloy performa poco e male in termini trasformativi anche al di fuori delle produzioni erotico-pornografiche.

È, semmai, una questione di aperture potenziali, simili al concetto dei varchi narrativi (Cajelli e Toniolo 2018) sfruttabili per ampliare una storia in un contesto crossmediale. La costruzione narrativa dei quattro Lord di Resident Evil Village è fatta di tanti tasselli informativi spesso appena accennati, ma che aprono numerose porte sui loro possibili sviluppi.

E, arrivati a questo punto del discorso, si sarà intuito come l’impalcatura narrativa di Elden Ring sia un terreno potenzialmente molto fertile, da questo punto di vista. Tutti i “Souls” lo sono, del resto. Volendo ricordare una espressione di Vaatividya che riassume molto bene il concetto, «Dark Souls gives you resources that you can interpret in a multitude of ways» (citato in Macdonald e Killingsworth 2016, p. 81). L’argomento è stato approfondito in vario modo da numerose pubblicazioni nel corso del tempo (tra cui l’appena citato Macdonald e Killingsworth 2016; Ascher 2015; Schniz 2016; Mecheri e Romieu 2017; Hoedt 2019 e molti altri) e la stessa attività di creatori di contenuti come Vaatividya e Sabaku no Maiku ne rappresentano una prova concreta.

In perfetto stile ‘soulsiano’, insomma, Ranni la strega è un prisma di possibilità appena accennate, tutte da sviluppare. È una guida e aiutante, una divinità da venerare, una compagna di vita da amare, una creatura indifesa da difendere, una creatura potentissima da cui farsi difendere, una strega, un’entità incorporea, una cospiratrice…

Si possono immaginare moltissimi contesti differenti legati a Ranni. Anche solo stando ancorati alla lore di Elden Ring, le interpretazioni sono molteplici in merito al suo operato. Un fattore molto interessante dei “Souls”, Elden Ring compreso, è proprio la negoziabilità dei punti di vista. Emergono segreti su segreti, posizioni divergenti e contrastanti, ma in ultima analisi è difficile identificare con assoluta certezza quale possa essere la “verità”, quale sia il “migliore dei mondi possibili” tra quelli desiderati e immaginati dai diversi personaggi. Già da questo punto di vista, pertanto, la vicenda di Ranni, la sua missione, è leggibile in vario modo.

E questa molteplicità può ovviamente solo crescere esponenzialmente nel momento in cui si esce dal canone in senso stretto. Quando si iniziano a riempire quei vuoti narrativi non solo con altre tessere di quel mosaico composto dalle informazioni fornite nel gioco, ma con la propria immaginazione. Ma anche allontanandosi dal canone, la figura di Ranni risulta perfettamente adattabile a un gran numero di contesti differenti.

È un potenziale che al momento si è sviluppato – almeno osservando i diversi contenuti fanmade su vari siti – lungo determinate tipologie di percorsi. Ho visto, per esempio, diverse rappresentazioni di Ranni nei panni di una ragazza contemporanea, intenta a giocare al computer mentre sgranocchia patatine e coccola Blaidd. E poi c’è il filone erotico/pornografico di cui si è già detto in precedenza, spacchettabile nelle sue versioni vanilla e nei vari feticismi più o meno ricorrenti in casi del genere.

La natura non umana di Ranni, e in particolare le sue quattro braccia, rafforzano questa trasformatività performativa, in contesti erotici e non solo. È un discorso che ho già fatto a proposito di Alcina Dimitrescu (Toniolo 2021a), su come i corpi parzialmente umani delle varie monster girls offrano un ampio panorama esplorativo di interazioni performative, sia nelle rappresentazioni della quotidianità, sia nel mostrare atti sessuali altrimenti impossibili. Evito quindi di ripetere nuovamente il tutto, rimando a quell’articolo, a un altro mio contributo accademico in merito (Caselli e Toniolo 2021) e alla bibliografia lì riportata per approfondimenti.

La promessa e il futuro

L’aspetto probabilmente più interessante, legato al personaggio di Ranni e al suo ‘riuso’, esce al di fuori del perimetro da cui si è partiti con l’articolo iniziale. E tutto ciò avviene con la constatazione che, in questo universo di rappresentazioni di Ranni, ci sia molto erotismo, ma anche molto romanticismo.

Su questo elemento, i parallelismi con il caso di Alcina Dimitrescu vengono meno. Non che siano mancate storie romantiche legate alla ‘vampirona’, sia chiaro, ma sono contenuti minoritari. Con Ranni, invece, molti contenuti fanmade sembrano rispondere al desiderio di una avventura romantica, di cui la strega blu è una candidata perfetta.

Ranni è, in primo luogo, di bell’aspetto e, pur non essendo umana, ha una struttura fisica assolutamente compatibile con la piacevolezza umana. Come è stato sottolineato osservando videogiochi che, a differenza di Elden Ring, prevedono delle effettive romance all’interno del gioco, il pubblico maschile tende sì ad apprezzare la componente sentimentale, ma non rinuncia all’estetica della partner virtuale che hanno scelto (Tomlinson 2019). Un esempio che viene portato è quello delle Asari di Mass Effect, le avvenenti aliene dalla pelle blu/azzurra (proprio come Ranni, per inciso) che popolano questa trilogia e che sono state al centro di più di uno studio (come Zekany 2016 e Lucas 2016).

Ma la quest di Ranni è anche, all’interno di Elden Ring, ciò che più si avvicina a una effettiva romance. Il matrimonio con Ranni, sebbene abbia primariamente una funzione simbolica, costituisce comunque la promessa di una vita – per non dire un’eternità – da poter trascorrere insieme alla propria consorte. Certo, gli sviluppi sono in larga parte lasciati al di fuori del gioco, in quei varchi narrativi potenzialmente esplorabili, ma è proprio questo a rendere stimolante il tutto.

Si torna, insomma, alla questione della performatività. Affiancata da questo termine, promessa, che è stato poco fa introdotto. Voglio riportare, in merito alla questione, le seguenti parole: «il performativo consiste nel promettere (sotto-genere euforico) o nello smentire una promessa attesa (sotto-genere disforico). Se questa ipotesi non è troppo forte, si può dire che il performativo – compresi i giuramenti, le dichiarazioni, gli auguri, le confessioni ecc. – ruota invariabilmente intorno alla promessa, alla sua presenza o assenza» (Brandt 1992, p. 6). Provengono dal testo Per una semiotica della promessa. Il senso con cui, in quel testo, si parla di “performativo” è diverso rispetto al discorso qui riportato, ma la nozione è estendibile.

Ranni è la waifu della promessa – come ho voluto intitolare questo articolo – perché siamo duplicemente legati a lei in tal senso.

Lo siamo, all’interno della storia di Elden Ring, da quella sorta di patto, di contratto, che possiamo stipulare con lei.

Ma lo siamo soprattutto perché il suo essere un personaggio performativo – nel senso sopra indicato – lascia aperta la grande promessa di tutti gli sviluppi futuri che possiamo immaginare per lei.

Nell’intreccio di queste due promesse, ciò che emerge maggiormente è l’idea di fedeltà. Il personaggio di Ranni emerge, nella sua quest, sempre legato a questo concetto. Blaidd e Iji si dichiarano più volte suoi fedelissimi servitori. E anche noi siamo chiamati ad aggiungerci a questa cerchia, in una fedeltà che è inizialmente di vassallaggio, di servitium militare. Ma a questo può poi subentrare – se rimaniamo fedeli a Ranni, se non le voltiamo le spalle – anche un servitium amoris: un rapporto sbilanciato, probabilmente, in cui lei è la domina e noi i suoi servitori, ma in cui pure ci promette idealmente una fedeltà eterna.

Riporto, a tal proposito, le parole del filosofo Alain Badiou sulla fedeltà in amore: «In love, fidelity signifies this extended victory: the randomness of an encounter defeated day after day through the invention of what will endure, through the birth of a world» (Badiou 2012, pp. 45-46). Il senso della promessa torna molto forte: sto idealmente promettendo che, dalla casualità di un incontro, nascerà un costante rinnovamento di comunione reciproca.

E, verrebbe da aggiungere, cosa c’è di più casuale e fortuito degli incontri di Elden Ring? Quanti, senza delle indicazioni precise, sarebbero in grado al primo tentativo di portare a termine con precisione tutte le quest dei vari personaggi?

Prescindendo dalla questione dell’incontro, questa promessa torna a colpirci. Per avviarmi verso le conclusioni, vorrei citare il seguente passaggio: «la postmodernità, pur insieme a un preoccupante ritorno dell’egocentrismo e del narcisismo, va custodendo, se non enfatizzando, il bisogno di tenerezza e intimità, di dolcezza e felicità e dunque va reclamando la necessità di depotenziare la “durezza del cuore” e di promuovere un sentire intenerito» (Rossi 2006, p. 245).

Anche quando ci muoviamo nei finzionali mondi virtuali, possiamo inciampare in questo bisogno in qualsiasi momento, davanti a una promessa.

Possiamo essere attratti, giocando a Mass Effect, da Liara T’Soni perché, sì, è un’aliena, ma con caratteristiche di gradevolezza assolutamente umane. Per poi trovarci a farle dire dal/la nostro/a Shepard che tutto ciò che desideriamo dal futuro è «marriage, old age, and a lot of little blue children».

Possiamo stringere un oscuro e bizzarro patto con Ranni e augurarci che il nostro personaggio possa essere felice e contento per sempre. Che è proprio la formula di chiusura di tante fiabe.

Immersi nel vasto mare dell’erotismo, ogni tanto ci si schianta contro uno scoglio di sentimenti.

Possiamo persino giocare a un videogioco come HuniePop e desiderare che, al di là dei rapporti sessuali con tutte le donne del gioco, ci sia la possibilità di sviluppare un legame più intimamente romantico.

Ma questa, come si dice, è un’altra storia.

Bibliografia

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