Due rapide riflessioni su Morlund, un personaggio secondario di Horizon Forbidden West che ha riscosso un particolare apprezzamento da parte delle persone che hanno giocato a questo videogioco.

Si dà per scontata, di seguito, la conoscenza almeno sommaria degli eventi di Horizon Forbidden West e del suo predecessore Horizon Zero Dawn.

Morlund e Aloy

Morlund e i suoi due compari Stemmur e Abadund sembrerebbero quasi finiti per errore in Horizon Forbidden West. Showman di professione, Morlund sembrerebbe più vicino a The Greatest Showman o Moulin Rouge e dintorni, che a un videogioco come questo, con il suo tecno-primitivismo robotico e le lotte tra clan.

Nonostante possa sembrare quasi fuori posto in un simile contesto, però, Morlund ha attirato su di sé una discreta attenzione, e non è difficile trovare online dei commenti molto positivi su di lui.

C’è, in primo luogo, un elemento di bravura da parte dell’attore che gli dà la voce (T.J. Thyne). Una sommaria osservazione su Reddit e YouTube rivela che la sua performance è estremamente apprezzata. Forse la più apprezzata di tutto il videogioco. È difficile attribuire la fascinazione verso il personaggio solo a questo aspetto, ma è certamente d’aiuto.

Riporto, come esempio tra i tanti, il commento dell’utente Matt a un walkthrough di Horizon Forbidden West: «5:42:24 you should have explored all those dialogue options, Morlund is an amazing side character, one of the best voice performances in the game in my opinion. Some of the things he speaks about are filled with so much emotion it was actually the point in the game where I realised just how immersed in the world I was, it truly felt like these were real people with real emotions and goals at that point for me».

In secondo luogo, la sua interazione con Aloy appare come una delle più sentite e personali all’interno di tutto il gioco (e anche di Horizon Zero Dawn). Fin dal primo istante sviluppano un gioioso feeling basato sul progetto del respiratore. La scena è costruita con sapienza e ritmo, dalle inquadrature alla frequenza con cui Stemmur e Abadund intervengono. Probabilmente il team sapeva, o perlomeno sentiva, che era un momento da connotare in maniera particolare.

Ed è anche una delle poche volte in cui appare una Aloy sinceramente interessata e incuriosita da qualcosa. L’affermazione merita una spiegazione. Come ricordano in molti (per esempio Aghoro 2021), Aloy viene presentata come una ragazza che si è messa in viaggio mossa dalla sua curiosità, molto prima che dalla necessità di salvare il mondo. Il fatto che sia presentata in questo modo, tuttavia, non ha sempre un corrispettivo in ciò che Aloy fa effettivamente.

Come ho scritto in passato, Aloy è un personaggio statuizzato, marmoreo: un modello da ammirare (come sottolineato in vari contributi: Forni, 2017; Parenzi Vieira e Mota, 2018; Malgieri 2021), ma che proprio per questo risulta sempre un po’ troppo rigido e distante, poco malleabile. Recuperando un passaggio di quell’articolo, Aloy «è una reietta solo a parole, cosa che peraltro è una caratteristica di molte Mary Sue e Gary Stu. Viene presentata come una sorta di emarginata, l’ultima degli ultimi, ma questa cosa è solo dichiarata a parole e non ha alcun impatto narrativo, al di fuori di un paio di dialoghi. Nella sostanza, piuttosto, Aloy si comporta sempre allo stesso modo, sia che abbia davanti a sé l’ultimo dei mendicanti, sia che stia parlando con il sovrano del sole. Ha sempre lo stesso atteggiamento di forte determinazione che talvolta sfiora l’arroganza».

Allo stesso modo, in molte occasioni c’è una curiosità solo a parole, che va – al più – a fungere da volano per invogliare chi gioca a frugare maggiormente in giro, per raccogliere collezionabili e trovare missioni secondarie. Ma in linea di massima Aloy ha un bagaglio emotivo molto ristretto di fronte alle circostanze.

In Horizon Forbidden West c’è stato un parziale cambiamento. Sono state finalmente inserite, per esempio, alcune parti in cui si va finalmente a scavare un po’ di più nel lutto e nella sofferenza per la perdita delle persone care. È in particolar modo apprezzabile, in tal senso, il recupero della morte di Rost, il suo padre adottivo, che in Horizon Zero Dawn avrebbe potuto essere sfruttata in moltissimi modi, narrativamente, per l’arco di trasformazione del personaggio, ma veniva liquidata in pochi minuti. È per esempio apprezzabile l’intuizione di ricordarlo durante il confronto con Beta, su quali siano le differenze tra le due donne.

Ma, al di fuori dei momenti tragici o intimi, il confronto con Morlund è uno dei pochissimi momenti in cui appare una Aloy più ‘umana’ in un contesto gioioso.

Anche alcuni commenti riscontrabili nelle discussioni online vanno in questa direzione. Su Reddit, per esempio, l’utente heelydon scrive: « I don’t even so much like HIS character necessarily, but rather that he is one of the few ones that Aloy seems to actually have fun around. Aloy often is presented to characters as this very somber or broody character that says ” i am sorry” alot. With Morlund she actually seemed like she was having fun» (corsivo mio).

Forse anche la recitazione ha una sua parte, in questo caso, come ce l’ha nell’apprezzamento complessivo di Morlund. Molte battute pronunciate da Aloy sono infatti a mezza voce, strascicate, con frequenti sbuffi. Qui il tono stesso sembra gioioso e sinceramente coinvolto.

Quando un personaggio appare troppo “freddo”, o troppo “perfetto”, o comunque lontano, può essere utile inserire un altro personaggio che faccia da ponte per il fruitore. E Morlund, in questo, sembra proprio essere un ponte ideale verso Aloy.

Las Vegas e il capitalismo

Morlund è un puro, un sognatore. E sogna molto in grande, ma è uno dei pochissimi che sogna in grande senza passare “dalla parte sbagliata”. In linea di massima, tutti coloro che nei due Horizon hanno grandi ambizioni non sono visti di buon occhio. Sono sfruttatori locali o pazzi megalomani.

Morlund no. Nel suo caso, Aloy (e la narrazione con lei) non ha nulla da rimproverargli. Il che è effettivamente curioso, visto che lui sta – in buona sostanza – riesumando dalle sabbie del tempo Las Vegas, la cattedrale nel deserto del consumismo capitalistico.

Las Vegas, emblema e studio di caso su come il gioco d’azzardo si sia evoluto e diffuso (Courtwright 2014). Un mondo che accresce il suo potere rappresentativo ricreando versioni ben riconoscibili di cose viste e apprezzate altrove (Nealon 2012), in quello che finisce per essere un rimasticamento di simboli senza più alcun referente (Bégout 2003). Un luogo di infantilizzazione (Belk 2000), nel senso meno nobile del termine che è «the “All-American City.” It contained, and continues to contain today, all the conditions that modernity feverishly produced or took to unprecedented levels, but could not control the signification of, therefore, rejecting and trying to suppress them» (Firat 2001).

Per inciso, a un occhio esterno la presenza di POSEIDON e il fatto che il luogo sia una sorta di dungeon acquatico potrebbe apparire come un semplice gioco di contrasti con il deserto. Ma, in realtà, il simbolismo dell’acqua è ricorrente nella reale Las Vegas e si riconnette al momento fondativo del luogo: la ricchezza e la vitalità che zampillano nel deserto, come una inaspettata sorgente d’acqua che erutta dal sottosuolo e dona vita ai dintorni (Nealon 2012, p. 197).

Ci si potrebbe aspettare, considerando le altre interazioni del gioco, che chiunque abbia a che fare con Las Vegas rientri tra i “malvagi”, ma così non è.

Forse, semplicemente, Morlund non è un padrone o uno sfruttatore. È un puro di cuore con un forte fanciullino interiore pascoliano. Ed è possibile che sia proprio per questo che riesce ad avere obiettivi tanto grandiosi quanto inutili all’atto pratico, senza però esserne corrotto.

Ma forse, più prosaicamente, è anche un modo per ricordarsi che Horizon Forbidden West ha molte facce, alcune delle quali rimangono nascoste per la maggior parte del tempo.

Vedere lui e Aloy su una mongolfiera, che si staglia contro il cielo notturno, tra giganteschi cuoricini rossi che si innalzano dal suolo potrebbe sembrare una parodia di Horizon Forbidden West. Ma, invece, è proprio parte integrante di questo videogioco, non esente da contraddizioni e sfaccettature perlomeno curiose.

Horizon Forbidden West porta avanti, pur ridimensionate, tutte le contraddizioni presenti in Horizon Zero Dawn. La più evidente delle quali è, probabilmente, la dissonanza ludonarrativa in cui il gioco propone, sul piano narrativo, una forte critica al capitalismo di rapina, basandosi però al tempo stesso, sul piano ludico, su meccaniche legate a uno sfruttamento di risorse da capitalismo di rapina.

L’argomento è stato presentato, talvolta solo sfiorato, in diverse analisi ecocritiche di Horizon Zero Dawn (come Woolbright, 2018; Condis, 2020; Nae, 2020). E non è mancato chi ha visto in Aloy una “colonizzatrice dell’artico” (Stenman 2020) o ha segnalato la “appropriazione culturale” legata ai suoi vestiti (Svensson 2017). Questi ultimi due esempi provengono da due tesi universitarie e, condivisibili o meno (non condivido molto, personalmente), vale la pena metterle a loro volta sul piatto.

Si tratta comunque, in generale, di osservare maggiori sfaccettature, non solo in un singolo personaggio ma in tutto il complesso di questo videogioco, evitando visioni manichee dove ci sono i puri e i malvagi, senza alcuna zona di grigio.

La mappa e la visione dall’alto

Il volo in mongolfiera con Morlund è, a sua volta, particolarmente significativo di come il rapporto con la mappa e la visione si sia sviluppato in Horizon Forbidden West, rispetto al predecessore.

Il videogioco recupera, in primo luogo, alcune caratteristiche del predecessore, per quanto riguarda la mappatura dello spazio. Per cominciare c’è l’effettiva mappa del territorio, coperta dalla solita “nebbia” che viene progressivamente diradata man mano che si va a esplorare il tutto. Si tratta di una mappa ricchissima di indicatori e simboli, attraverso la quale è possibile lasciarsi guidare nella propria scoperta dei territori. È una mappa che si guarda dall’alto, dal nostro punto di vista oltre lo schermo.

Poi c’è la mappa del passato, anch’essa ripresa da Horizon Zero Dawn. Le tracce del passato aiutano infatti, attraverso la loro collocazione e i loro riferimenti, a farsi anche un’immagine del passato di quel mondo: «Datapoints can only be found in specific places and provide information about the explored space, the time of their recording, and their connections to other sites around the globe. This means that players build a joint archive of a near future from our perspective and Aloy’s current gamespace as they assemble a cognitive map» (Aghoro 2021, p. 80).

Ci sono dei momenti in cui, in Horizon Zero Dawn, sono possibili delle visioni dall’alto, in cui si va a confrontare queste varie mappature e si struttura meglio la propria immagine mentale, ma Aloy resta comunque ancorata con i piedi per terra.

Horizon Forbidden West introduce invece il volo e, con esso, la visione dall’alto. Tradizionalmente, l’immagine aerea è sempre stata percepita come un ottimo veicolo di conoscenza (Avezzù 2017, p. 120), una modalità ideale per l’esplorazione del passato (ibid, p. 122) e ha inoltre un forte valore militare (ibid, p. 127). Anzi, quest’ultimo ha rappresentato – come del resto in molti altri casi – una delle prime e più forti spinte per la diffusione della fotografia aerea e di pratiche analoghe.

Non stupisce pertanto che la prima missione in volo di Aloy sia proprio di carattere bellico, con lei che bombarda dall’alto le macchine dei ribelli, utilizzando il nucleo di un Horus. Ma, una volta portato a termine questo impiego militare, è possibile godersi il mondo intero dall’alto della propria macchina volante.

C’è poi anche da aggiungere il “volo” nello spazio, che in Horizon Zero Dawn era stato presentato come una esperienza fallimentare, mai effettivamente riuscita, e che qui viene invece mostrato come trionfale fuga dei ricchi del passato.

Il volo proposto da Morlund è però differente, e non solo perché avviene tramite una mongolfiera. Non è un volo militare, né esplorativo, e ha ben poco a che vedere con la mappatura del territorio. È un volo di piacere, certamente sempre legato all’impiego dello sguardo, ma funzionale non al gusto per la scoperta di nuovi territori, ma per un puro godimento degli spettacoli di luci di Las Vegas.

Un volo da parco dei divertimenti, da attrazione turistica, insomma. Ma anche in questo caso c’è chi lo ha apprezzato più di tante altre esperienze proposte dal gioco. Forse non tanto per il volo in sé, ma perché attraverso di esso si condivide nuovamente la visione di Morlund, con la sua anima da performer e showman entusiasta. Per ricordare che il superfluo, inteso come ciò che non è strettamente indispensabile, non sempre è negativo. Soprattutto se aiuta a guardarsi intorno con meraviglia. Ad avere una visione dall’alto che non sia militare o esplorativa. A volare senza il fardello della conoscenza o la vergogna della fuga.

Per concludere

In un video di YouTube, l’utente James Bennett arriva persino a inserire la quest di Morlund tra i suoi momenti videoludici preferiti di sempre: « Loved these guys. I spent this whole quest smiling. It jumped to my top 5 video game moments ever. Everything about it was fantastic – the NPC’s, the location, atmosphere, music, the final boss (and it’s epic introduction), and the finale made me go “oh wow” out loud. I can think of few other gaming memories which surpassed this quest. Arthur Morgan’s last ride. The giraffes in The Last of Us. Aerith’s death in Final Fantasy 7. This quest will stick with me for a long time, I think. It just made me feel happy».

Non è un traguardo da poco, insomma. Soprattutto considerando che alla fine rimane un personaggio secondario, nemmeno una delle “spalle” più fedeli di Aloy.

Morlund è qui a ricordarci che ci sono sempre altre facce, in un diamante. E per fortuna. Così, grazie a lui, abbiamo colto un po’ meglio qualche altra sfaccettatura di Horizon Forbidden West e di Aloy.

E finché ci saranno mongolfiere a volare sopra le rovine di Las Vegas, sapremo che c’è qualcosa di buono in quel mondo per cui vale la pena lottare.

Bibliografia

Aghoro (2021): On Postapocalyptic Frontiers in Horizon Zero Dawn, in Dietmar Meinel (edited by), Video Games and Spatiality in American Studies, De Gruyter 2021, pp. 71-84.

Avezzù (2017): L’evidenza del mondo. Cinema contemporaneo e angoscia cinematografica, Diabasis 2017.

Belk (2000): May the farce be with you: On Las Vegas and consumer infantalization, «Consumption, Markets and Culture», 4(2), pp. 101-124.

Bégout (2003): Zeropolis: The Experience of Las Vegas, Reaktion Books 2003.

Condis (2020), Sorry, Wrong Apocalypse: Horizon Zero Dawn, Heaven’s Vault, and the Ecocritical Videogame, «Game Studies», vol. 20, n. 3.

Courtwright (2014): Learning from Las Vegas: Gambling, Technology, Capitalism, and Addiction, Occasional Paper Series 26. Las Vegas: Center for Gaming Research, University Libraries, 2014, pp. 1-12.

Firat (2001): The Meanings and Messages of Las Vegas: The Present of our Future, «M@n@gement», 4, pp. 101-120.

Forni (2017), Horizon Zero Dawn: The Educational Influence of Video Games in Counteracting Gender Stereotypes,«ToDigra», vol. 5, n. 1, pp. 77-105.

Malgieri (2021): Di madri assenti e papà da redimere: la genitorialità nei videogiochi, tra rapporti disfunzionali e questioni di genere, in Fabio Vittorini e Federico Bortolini (a cura di), Normal people. Gender e generazioni in transito tra letteratura e media, Pàtron Editore, Bologna 2022, pp. 155-186.

Nae (2020), Beyond Cultural Identity. A Critique of Horizon Zero Dawn as an Entrepreneurial Ecosystem Simulator, «Postmodern Openings», vol. 11, n. 3, pp. 269-277.

Nealon (2012): Post-Postmodernism: or, The Cultural Logic of Just-in-Time Capitalism, Stanford University Press, 2012.

Parenzi Vieira e Mota (2018), A Representação Feminina em Horizon Zero Dawn, Proceedings of SBGames 2018, pp. 694-703.

Stenman (2020): A Woman in the Harsh North: Arctic Stereotypes and Colonialism in the Video Game Horizon Zero Dawn: The Frozen Wilds, Bachelor’s Thesis, Tampere University.

Svensson (2017): Cultural Appropriation in Games. A Comparative Study Between Far Cry 3 (2012), Overwatch (2016) and Horizon Zero Dawn (2017), Bachelor’s Thesis, Uppsala University.

Woolbright (2018), Ecofeminism and Gaia Theory in Horizon Zero Dawn, «Trace», vol. 2.